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Responsabilità delle R.S.A. per infezione da Covid-19
Responsabilità delle R.S.A. per infezione da Covid-19 | Avvocato Gianluca Mengoni

Responsabilità delle R.S.A. per infezione da Covid-19

Prendo spunto dopo aver frequentato il master “NUOVA RESPONSABILITÀ MEDICA DELLA STRUTTURA PUBBLICA E PRIVATA” per trattare in linea di massima la responsabilità delle R.S.A. per infezione da COVID-19 vista la mancanza di qualsiasi precedente giurisprudenziale.

Master: Nuova Responsabilità Medica Della Struttura Pubblica E Privata | Avvocato Gianluca Mengoni
Master: Accertamento Tecnico Preventivo | Avvocato Gianluca Mengoni

 

L’emergenza pandemica ha posto all’attenzione dell’opinione pubblica i numerosi decessi causati dal batterio all’interno delle strutture R.S.A., le c.d. Strutture Residenziali Anziani. L’Istituto Superiore di Sanità ha rilevato nel periodo dal 1 febbraio al 14 aprile che le morti nelle R.S.A. imputabili al virus sono state di oltre il 40% del totale, mettendo in evidenza tutte le criticità delle strutture, ma anche la situazione di abbandono a se stesse a cui sono state lasciate da parte delle istituzioni. È già notizia che la Procura di Bergamo abbia avviato indagini per epidemia colposa per mancata apertura zona rossa ad Alzano e Nembro oltre che per i morti nella R.S.A. e gestione Pronto Soccorso di Alzano, aprendo per il prossimo futuro scenari sulla responsabilità organizzativa delle R.S.A. per contagio da COVID-19 e possibili risarcimenti per i familiari delle vittime.
 
 

COME VALUTARE LA RESPONSABILITÀ DELLE R.S.A.

Sotto il profilo risarcitorio, i familiari delle vittime potranno procedere anche solo in sede civile, pur se l’esito dei giudizi penali influenzerà notevolmente l’esito di quelli civili. La questione andrà affrontata analizzando la responsabilità per deficit organizzativo della struttura e conseguente danno da infezione nosocomiale.

L’art. 1 della Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) prevede che i servizi sanitari devono essere erogati dalla Struttura in piena sicurezza, con la conseguenza che sarà responsabile ai sensi dell’art. 1218 c.c. per tutti quei fatti o eventi eziologicamente riconducibili a fenomeni di disorganizzazione: uno dei casi più frequenti è quello delle infezioni nosocomiali. Col termine “infezioni nosocomiali” si intendono generalmente infezioni insorte nel corso del ricovero ospedaliero, non manifestate clinicamente al momento dell’ingresso e riconducibili ad un deficit organizzativo della struttura. Con l’emergenza COVID-19, come è risaputo, la diffusione ha avuto origine anche dall’interno delle R.S.A. e ciò aprirà tutta una serie di potenziali controversie volte ad accertare se l’infezione era prevedibile ed evitabile.

La legge Gelli ha sancito in capo alle strutture una responsabilità contrattuale, con conseguente prescrizione in 10 anni del diritto al risarcimento e con notevole vantaggio per il danneggiato sotto il profilo dell’onere probatorio. Infatti l’attore dovrà provare soltanto:
1. Avere concluso il contratto con la R.S.A.;
2. Essere stato infettato da COVID-19 durante il ricovero (prova sicuramente agevole se il soggetto infettato fosse già da tempo ricoverato nella struttura, rappresentando l’unico possibile luogo dell’infezione)
3. Sussistenza del nesso causale fra l’infezione e il danno/morte secondo il principio giuridico del “più probabile che non”.

Sarà invece onere della R.S.A. provare il corretto e diligente adempimento (sicuramente complesso in caso di infezione da COVID-19), dando la prova liberatoria della imprevedibilità ed inevitabilità dell’infezione. Pertanto, assumerà valore decisivo la dimostrazione da parte della R.S.A. di aver tenuto un comportamento conforme a tutta una serie di circolari e direttive del Ministero della Salute riguardanti norme tecniche al fine di evitare il diffondersi del coronavirus che, laddove non fossero rispettate, potrebbero comportare l’insorgenza della responsabilità della R.S.A. (da valutarsi caso per caso).
 
 

COME ACCERTARE LA RESPOSABILITÀ DELLE R.S.A.

L’art. 8 legge 24/2017 (Gelli) prevede che chi intende esercitare avanti al Giudice Civile un’azione di risarcimento danni derivante da responsabilità sanitaria sia tenuto preliminarmente a proporre un ricorso ai sensi dell’art. 696 bis cpc per instaurare una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. Il Giudice, una volta depositato il ricorso, provvederà a nominare un medico legale e un medico specializzato nella disciplina oggetto della controversia; a questa consulenza dovranno partecipare sia le parti in causa ma anche la compagnia assicurativa della R.S.A., con l’obbligo di formulare l’offerta risarcitoria ovvero i motivi per cui si ritiene di non doverla formulare.

Che cosa dovranno accertare i CTU (“Consulenti Tecnici d’Ufficio”), ben sapendo che il loro responso sarà decisivo sulla possibilità o meno di ottenere il risarcimento:

  1. Accertare il nesso causale tra l’infezione COVID-19 e il decesso, che non sarà sempre facile nel caso di pregresse gravi patologie che avrebbero condotto comunque alla morte il paziente;
  2. Accertare in che misura l’infezione COVID-19 abbia influito sull’evoluzione dello stato morboso anticipandone la morte;
  3. Accertare se la persona sia stata contagiata all’interno della struttura;
  4. Accertare se l’adozione o meno da parte del direttore generale della R.S.A. di misure tecniche, sarebbe valsa o meno a prevenire l’infezione e precisare quale regola cautelare generale sia stata violata (per es. negligenza, imperizia oppure l’inosservanza specifica di un DPCM);
  5. Accertare la prevedibilità ed evitabilità dell’evento infezione, c.d. concretizzazione del rischio;
  6. Accertare se il soggetto era portatore di pregresse malattie e se la morte è dipesa dal coronavirus o da altre patologie;
  7. Accertare se all’interno della R.S.A. si siano verificati altri contagi e il numero dei decessi;
  8. Accertare se il numero dei ricoverati era conforme alla disponibilità posti letto della R.S.A.;
  9. Accertare la professionalità del personale medico-infermieristico e condizioni igienico-sanitarie;
  10. Accertare il periodo temporale in cui si è verificata l’infezione del soggetto ricoverato, specificando se rientrante nella fase evolutiva o decrescente della curva epidemiologica;
  11. Accertare se i familiari dei ricoverati erano stati fatti entrare nella struttura senza il controllo della temperatura;
  12. Accertare dopo quanti giorni i familiari sono stati informati del decesso del congiunto;

Naturalmente si trattano di quesiti di massima, visto che ad oggi non è stata ancora disposta una CTU per infezione da COVID-19.
 
 

COME QUATIFICARE IL RISARCIMENTO DEL DANNO

Nel caso in cui il CTU abbia accertato il nesso causale fra l’infezione da COVID-19 del ricoverato e il suo decesso, l’R.S.A. potrebbe rispondere altresì del danno da perdita anticipata della vita, cioè per il fatto che l’infezione da COVID-19 abbia anticipato la morte del paziente che si sarebbe comunque verificata per pregresse patologie. Per meglio far comprendere al lettore la liquidazione del danno da morte anticipata, prendo come riferimento la sentenza del Tribunale di Arezzo n. 943/2017 che, pur non riguardando un caso di decesso per COVID-19, contiene spunti validi per l’argomento qui trattato:

“Persona di anni 73 in data 27/1/2010 si sottoponeva ad un intervento chirurgico e a causa di un errore medico moriva il 4/9/2013, a distanza di 3 anni e 7 mesi dall’intervento, quando invece aveva un’aspettativa di vita secondo indici ISTAT di altri 12 anni.”

Il Tribunale di Arezzo dispiega questo ragionamento:

a fronte di un danno fisico subito pari al 100% le Tabelle del Tribunale di Milano quantificano il danno fisico/biologico in € 766.000,00 per cui per un singolo anno di vita il valore dovrebbe stimarsi in (766.000,00 : 12) = € 63.900,00 e per ogni mese in € 5.300,00.

Poiché nel caso in questione la sopravvivenza è stata di 3 anni e 7 mesi (ovvero mesi 43), a fronte di una probabilità statistica dell’80% di sopravvivenza di altri 5 anni (pari a mesi 60) tenuto conto di pregresse gravi patologie, la perdita anticipata della vita viene così liquidata:
(60 mesi – 43 mesi) = 17 mesi mancata sopravvivenza x € 5.300,00 = € 90.100,00 x 80% probabilità = € 72.000,00.

Prosegue il Giudice nel suo ragionamento affermando che la condotta colposa dei medici ha privato questa persona della possibilità durante il periodo di sopravvivenza (3 anni e 7 mesi= 1128 giorni) di condizioni di vita migliori, per cui a titolo di inabilità temporanea sempre all’80% riconosce la somma di € 60.500,00.

L’importo che è spettato al familiare del defunto è stato complessivamente di € 132.500,00.

Torno a ripetere che questo mio suggerimento su come potrebbe essere liquidato il danno da minor tempo di sopravvivenza dei soggetti deceduti nelle R.S.A. per COVID-19 è solo un’indicazione di massima, non essendoci ad oggi nessun precedente giurisprudenziale.

Riguardo Gianluca Mengoni

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